In Sabina, come in altri luoghi del nostro paese, non c’è lavoro e per questo i giovani sono costretti a fare le valigie, a lasciare radici e famiglia per andare a cercare un’occupazione fuori, al nord o all’estero. Qualche testardo prova però a restare e a inventarsi un lavoro.
E’ il caso di Simone, trentenne di Castelnuovo di Farfa, che dopo il diploma e qualche precario lavoro di scrivania, nel 2014 sceglie con coraggio, dopo alcune notti insonni, di mettersi a lavorare la terra, puntando a fare l’imprenditore di se stesso.
Già, ma come s’impara un lavoro del genere, come se ne apprendono le regole e i segreti? E allora Simone comincia a chiedere informazioni e dritte agli anziani del paese e a seguirli nei loro lavori di contadini, per rubare con gli occhi.
Ma non basta e quello che si è appreso a scuola non sempre ti supporta nel lavoro. Così arrivano i diplomi e i patentini di specializzazione: potatura, trattore, funghi, tartufi e pesca, allo scopo di creare una competenza di base per iniziare a lavorare, guadagnare e comprare macchine agricole, chiedendo a mamma e papà di avere ancora un po’ di pazienza.
Poi un po’ alla volta arrivano i primi lavori importanti, che ti permettono anche di assumere qualche giovane collaboratore. E arrivano anche le soddisfazioni, come quella di essere chiamato a potare l’olivo di Canneto, il più grande d’Europa.
Quanto è duro essere giovani in questi ultimi decenni. La lezione di Simone e di altri testardi come lui è quella di provare a tornare alla terra, per coltivarla e difenderla da quanti vengono da lontano a tentare di sfruttarla in maniera impropria, creando attività estranee all’ambiente e all’economia di questo meraviglioso pianeta di olivi, che è la Sabina.
Terra contadina, di cultura e di storia quella nostra. Non di impianti industriali vicini agli ospedali o di stoccaggio di inerti a due passi da case e da splendidi oliveti.
Cari politici, che in campagna elettorale siete più attenti alle esigenze della gente, date concretamente una mano ai giovani sabini e reatini che vogliono investire nella terra e nella cultura di questa nostra provincia dimenticata, ricchissima di verde, di storia e di arte e, soprattutto, di giovani in gamba che non vogliono fare le valigie, come quelli, per fare un esempio, dell’Associazione Rearte o quelle della casa editrice Funambolo.
E voi, cari giovani, svegliatevi dal letargo e tornate ad assediare i politici, che in questi giorni vi chiedono il voto, per affermare con forza il diritto di rimanere a lavorare e vivere nella propria terra, con progetti di valorizzazione delle nostre risorse: terra, cultura e turismo.
Giuseppe Manzo